Marco Signorini Photoblog

© Franco Vaccari

Sito Web
Franco Vaccari. Intervista di Claudia Santeroni

169 – Isola di Wight, 1970

Guarda Claudia,
vedi qualcuno con la macchina fotografica?
No, non c’è nessuno.
E sai perchè?
Perchè questa era una generazione a cui piaceva vivere,
non guardarsi vivere.

Attraverso quale percorso ha scelto di occuparsi di Arte?

Il mio percorso scolastico non sembrava approdare alla situazione attuale, perché io ho fatto studi ad indirizzo scientifico e mi sono laureato in Fisica. Finita l’Università, ho dovuto fare il militare, e ho seguito il ‘Corso Allievi Ufficiali di Complemento’, che credo adesso non esista più. Una volta finito, mi hanno ma ndato a Roma, dove mi sarei dovuto occupare di maschere antigas. Lì c’era però poco da fare, avevo parecchio tempo libero, ed ho potuto dedicarmi a quelli che erano sempre stati dei miei interessi, ma che io per primo non riconoscevo, perché erano in contrasto con ciò per cui avevo studiato. Infatti, è accaduto proprio quello che temevo: Arte e Poesia hanno preso il sopravvento.

Anni fa partecipai ad una Sua conferenza tenuta nelle sede di Arti Visive del DAMS di Bologna: venne proiettato un suo lavoro sull’alzheimer: ricordo che ci spiegò sinteticamente come funziona questo morbo, e con che criterio preleva i ricordi dalla mente.

‘Provvista di ricordi per il tempo dell’alzheimer’, è il video più lungo che ho fatto, utilizzando tutto del materiale relativo alla mia vita vissuta, come foto di famiglia. Questo lavoro mi venne richiesto in occasione del Festival di Filosofia di Modena, ed inizialmente declinai, anche a causa dell’aspetto nefasto che accompagna questa malattia. Poi, una notte, non mi ricordo se in sogno, mi è venuto in mente questo titolo, e l’ho trovato bellissimo, perchè mi sono immaginato come uno scoiattolo che durante l’estate, in vista del letargo invernale, fa provvista di cibo. Ho pensato che se anche noi dovessimo andare in letargo, ci farebbe comodo avere materiale di memoria cui attingere, e allora ho accumulato ricordi.

A monte di questo progetto, ma immagino anche più in generale, Lei avrà ragionato molto sulla memoria e sui ricordi: qual è il ricordo che non vorrebbe mai perdere?

Certamente sono i ricordi della mia infanzia, il rapporto con i famigliari. Quando li vivi, non stai molto a riflettere sulla loro importanza, sul loro significato, è solo più tardi che ne capisci il valore, spesso quando è troppo tardi per riconoscere agli altri quello che, invece, gli andava riconosciuto.

Roberta Valtorta ritiene nel mondo dell’Arte non ci sia più possibilità di avere delle correnti, ma solo esponenti singoli, Panaro ha sostenuto che è necessario nell’ambito fotografico ‘elaborare il lutto di Ghirri’, Guido Costa ha dichiarato che viviamo un periodo fertile, impedito dal sistema e dalle istituzioni ad esprimersi al meglio. La sua visione, qual è?

In passato sono stato sempre molto curioso del lavoro degli altri, di quello che succedeva, ero molto informato, ma da un po’ di tempo ho preso le distanze: a dire la verità, l’arte oggigiorno mi annoia. Forse il panorama sarà vario, ma non lo trovo interessante, anche a causa della sua grande, ma apparente, varietà. Trovo che ci sia una rincorsa alla novità per la novità, e proprio la mancanza di correnti secondo me non permette l’adeguata elaborazione di quanto si è intrapreso.

Esiste l’eccezione di un artista che reputa interessante?

Ultimamente momenti di esaltazione non ne ho avuti, mentre per quanto riguarda il passato, un artista che ho avvicinato solo una o due volte di sfuggita, ma con cui mi trovavo in sintonia  a distanza, è stato Vito Acconci, soprattutto nella prima metà della sua attività.

Spesso, Lei viene definito un fotografo, quando piuttosto è un artista che ha scelto il mezzo fotografico come strumento espressivo. Da cosa scaturisce questo misunderstanding?

E’ una cosa che odio. Si vede che non è facile mettere bene a fuoco i concetti, ed è comodo utilizzare questa semplificazione nei confronti del lavoro di un artista. Viene confuso uno strumento che ho utilizzato, con una problematica legata alla pratica di questo stesso strumento. Io non ho mai dato importanza agli aspetti immediatamente tecnici della fotografia, mi interessa la fotografia da un punto di vista concettuale, non pratico.

Magari viene definito ‘artista fotografo’ perché molti altri artisti fotografi si sono riconosciuti in Lei e hanno seguito la sua poetica d’intenti?

Io non appartengo a nessuna corrente. ‘Esposizione in tempo reale n.4’, esposta alla Biennale del ’72, è un’opera che ha suscitato un interesse straordinario, quindi è chiaro che i cultori della fotografia, soprattutto della mia città o zone limitrofe, si siano avvicinati a me. Fra questi, anche Ghirri. Luigi Ghirri ha fatto scegliere a me le fotografie da esporre alla sua mostra del dicembre 1972, sei mesi dopo la Biennale, e non è un caso.

Sicuramente Lei credeva nella sua opera, ma si sarebbe mai aspettato  quanto sarebbe stata importante nella Storia dell’Arte?

Quando ho partecipato alla Biennale, avevo tutto chiaro nella mente. Con il senno di poi, se potessi tornare indietro nel tempo, non cambierei niente, perché non c’era nulla da cambiare, quella era una cosa che, per i miei obiettivi ed il mio orizzonte, era nata perfetta.

Da che mondo è mondo l’Arte è sempre stata venduta, ma negli ultimi anni si è acuita la mercificazione intorno al mercato dell’arte. Vorrei un suo commento a questo  meccanismo.

Gli anni in cui esplode il fenomeno del mercato artistico sono stati gli Ottanta. Dopo i duri e pesanti anni di piombo, ci si è gettati  alle spalle questo periodo per tanti aspetti vario e vivace, ma allo stesso tempo cupo. Gli anni Ottanta sono stati un momento in cui tutto ha preso un aspetto gastronomico di immediata soddisfazione, e ne ha beneficiato dal punto di vista economico anche l’arte. Questo è un periodo di ripensamento, anche se sembra che le opere di qualità  continuino a suscitare notevole interesse.

Lei acquista dell’arte?

Nei limiti delle mie possibilità, io ho collezionato libri, e credo di avere una buona collezione di libri  principalmente futuristi, poesia italiana del Novecento, qualche opera pittorica. La pittura mi  è sempre piaciuta molto, ma le opere che mi piacciono sono anche notevolmente care: non mi interessa dare dietro ai nomi noti, mi interessano piuttosto opere che si leghino fra di loro al di fuori di quelli che sono le classifiche, le top ten del momento. Per esempio, in questo mio studio ci sono delle opere che dal punto di vista  economico sono di modesto interesse, diversamente dall’emozione che suscitano. Questa opera che vedi, acquistata da un rigattiere, è un quadro dell’800 francese dove, nella solitudine del suo studio, una casa che immagino parigina, un pittore sta disegnando un paesaggio  che non può assolutamente intravedere, perché non esistono finestre se non un abbaino. Mi suggerisce l’idea della potenza della fantasia, perché  il paesaggio che lui sta dipingendo, è un paesaggio carico di verde, mentre tutto attorno gli oggetti sono di un colore bruno.

Un’altra opera che ho amato tantissimo, è stato il video ‘Cani Lenti’.  Cosa l’ha spinta a girarlo?

Il cane, devo dire, ritorna abbastanza spesso nei miei lavori, perché rappresenta l’animalità conciliata, quel tanto di animalesco che noi accettiamo  e riconosciamo in noi. E’ difficile riconoscere in noi stessi l’animalità  di una tigre, ma Il cane è come un’animalità umanizzata, che in buona parte ci rappresenta. Forse è l’animale che ha subito di più la pressione dell’uomo,  mentre il gatto è riuscito a sottrarsi ai condizionamenti dell’uomo, il cane proprio per questa  sua attitudine ad entrare in sintonia con la nostra mente è stato purtroppo per lui modificato, è un po’  meno animale, e un po’ più uomo. Il mio primo approccio  è stato quello di fotografare i cani apparentemente randagi che incontravo, ho fatto un ciclo di foto  non tanto sui cani, ma su quello che secondo me potevano vedere, quindi ho intitolato questo ciclo ‘Il mondo visto a livello di cane’. Per essere più realistico avevo anche pensato di dotare un cane di un apparecchio da ripresa in modo che, nella sua autonomia, andando in giro riprendesse il suo mondo, però era difficile da realizzare, perché  la tecnologia non era ancora sufficientemente miniaturizzata.  Ho fatto quindi quest altro video, dove io interagisco con i cani che trovo, girato al rallentatore proprio perché questo mi permette di vedere  meglio quello che in una registrazione più veloce sarebbe scomparso alla vista. In ultimo ho accostato il sonoro, il cui ritmo è straordinariamente in perfetta sintonia con il passo degli animali, e regala un effetto notevole.

Lei ha un percorso artistico copioso, costellato di opere importanti, il cui apice è ‘’. Credo che sia il desiderio di ogni artista, ma latentemente anche quello di ogni uomo, realizzare qualcosa che verrà ricordato. Che
emozione si prova, ad avere questa consapevolezza?

Adesso che mi ci fai pensare, un minimo di sicurezza la dà.  Quando ho fatto la Biennale del ’72, io ero consapevole delle implicazioni, però mi accorgevo che nessuno condivideva con me questa consapevolezza, non veniva attribuita alla mia opera l’importanza che le è stata riconosciuta nel tempo. Allora, possedevo le condizioni psicofisiche per poter godere intensamente le soddisfazioni che ho ricevuto successivamente! Mi dà fastidio avere dovuto combattere per difendere la mia opera, ma forse è giusto che il riconoscimento venga acquisito con l’esperienza.

Claudia Santeroni

http://it.wikipedia.org/wiki/Franco_Vaccari

Immagine © Franco Vaccari

2 commenti »

  1. Gran bella intervista! Domande varie e interessanti, da quelle più generali e personali a quelle più specifiche su alcuni progetti e il mondo dell’arte (e la fotografia come mezzo artistico, la questione dell'”artista fotografo”…).

    Comment di chiara il 25 January 2013 alle 16:02

  2. Anche io trovo interessante la questione della fotografia se sia o meno un mezzo tecnico con il quale esprimere un gesto (o messaggio o come lo si voglia intendere) artistico, e personalmente non ho ancora trovato la risposta; e poi l’immagine dello scoiattolo, del letargo e di una malattia come l’alzheimer, che è ancora un tabù perchè la sua gestione comporta scelte per i cari a volte meschine ed egoiste, ecco l’immagine di tutte queste cose insieme è molto bella.

    Comment di Andrea il 28 January 2013 alle 20:37

RSS feed for comments on this post. TrackBack URL

Leave a comment