Marco Signorini Photoblog

Pavlove Der Visionaer. Intervista

I tuoi studi si dividono tra Milano e New York, come si completano le due diverse esperienze?

Sono cresciuto in provincia di Padova e Milano è stata il mio primo grande cambiamento. Sono molto legato a Milano, è la città che più mi ha “formato” dandomi la possibilità di esprimermi ed evolvermi. L’università e la scuola di fotografia sono state entrambe esperienze che mi hanno dato le basi per avere una visione personale della realtà che mi circonda. Milano rimane tutt’ora per me un punto di riferimento, la trovo nonostante i suoi difetti, molto più libera di altre metropoli, amo il suo lato provinciale dato dalla commistione di persone che la popolano e il suo essere città culturalmente ibrida. New York è stata invece una breve esperienza ma significativa. Nel 2008 ho frequentato un corso all’International Center of Photography, una scuola dall’ approccio molto pragmatico (tipicamente americano) che mi ha trasmesso una visione della fotografia completamente differente da quanto avevo appreso in precedenza.

Hai anche scelto di vivere a Berlino, ancora in cerca di qualcosa che non avevi trovato?

La scelta di vivere a Berlino è arrivata un po’ casualmente grazie ad una borsa di studio, mi incuriosiva molto per la sua identità complessa ,e per la sua bellezza decadente. Distante dall’ approccio alla vita del Bel Paese quanto dalla mentalità rampante della Grande Mela, vivere nella capitale tedesca durante la sua ultima esplosione culturale è stata un’esperienza significativa. Berlino è una città piena di contrasti culturali, sociali, architettonici ma nonostante ciò con un altissimo livello di civiltà e qualità della vita. Viverci per quasi due anni mi ha reso molto più indipendente e slegato dai luoghi comuni rispetto quanto lo fossi in precedenza. Attualmente Berlino è mutata ancora, è diventata una meta un po’ troppo ambita dai tanti giovani stranieri e s’è perso un po’ il puro fermento culturale che c’era fino ad un po’ di anni fa. Il costo della vita è aumentato ed anche il circuito di artisti che viveva la città si è dovuto lentamente spostare nei quartieri più lontani, come Neukolln.

Vivendo in Italia cosa ti manca dei sistemi “culturali” che hai incontrato viaggiando?

Credo che l’Italia abbia delle basi culturali molto solide da cui trarre infinite fonti di ispirazione. Viviamo in un Paese ricco di storia, straordinario anche dal punto di vista naturale e spesso non ce ne accorgiamo. Quando viaggio mi rendo conto invece di come all’estero siano bravi a valorizzare il loro patrimonio culturale mentre in Italia non abbiamo mentalità ed educazione adeguata per conservare e (perché no?) pubblicizzare al meglio quanto il nostro Paese offre. La Cultura in Italia continua ad essere molto istituzionale e poco libera, associata erroneamente ai ceti alti della società. Bisognerebbe renderla più accessibile e slegarla dai giochi di potere politici che la immobilizzano.

Cosa ha più influito nel tuo lavoro? Da quali considerazioni nasce?

“Inneres Auge” (in tedesco “terzo occhio” o “occhio dell’anima”) nasce dalla curiosità di raccontare visivamente delle storie di vita. Volevo approfondire visivamente alcune questioni che mi affascinano: le persone, gli spazi e le conseguenti relazioni che nascono dall’interazione tra i due. Come interagiscono le persone con i luoghi da loro vissuti quotidianamente? Qual è il fattore che ne definisce i reali equilibri? Sono le persone ad influenzare i luoghi o viceversa? da queste domande è nato il mio progetto. Inneres Auge nasce concretamente alla fine del mio periodo vissuto a Berlino, una volta tornato a Milano. È stato una necessità. Volevo raccontare una storia e trovare un filo conduttore. Il progetto racconta la vita di persone (in questo caso artisti) attraverso dei ritratti ad occhi chiusi. La chiusura dello sguardo nei confronti del mondo esterno, che ispira ma anche disturba il lavoro creativo, coincide con l’apertura della visione verso uno spazio interiore, che permette il raccoglimento necessario alla creazione di un’idea.

Puoi indicarci tre keywords per definire l’arte oggi?

L’Arte è per me difficilmente definibile, in un periodo di confusione e crisi mondiale le priorità cambiano immediatamente. Mi piacerebbe però che l’Arte continuasse ad essere una modalità alternativa per raccontare la società che ci circonda. Si dice che la sensibilità degli artisti serva anche a questo: attraverso le loro opere si dovrebbe in qualche modo leggere lo stato d’animo di una società.

Pavlove der Visionaer è nato in provincia di Venezia nel 1982. Vive a Milano ed è incuriosito dalla natura imprevedibile delle persone.

http://www.pavlove.net/

 Per le immagini © Pavlove Der Visionaer

1 commento »

  1. very intersting work.
    Your pictures go deep inside the soul of them.
    A.

    Comment di Andreas il 16 February 2013 alle 18:14

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