Marco Signorini Photoblog

La tortora di provincia

La tortora di provincia: il “caso” Falco/Ragucci.
Di Lara Piffari

Chissà se sia possibile affrontare qualsiasi progetto creativo che integri fotografia e parola senza prima porsi quella che, a me, è sempre sembrata una domanda fondamentale: da quale delle due “facce” è partita, l’ispirazione? O meglio, quale delle due mitiche scintille creative è più direttamente legata al fuoco del reale?
A volte la questione appare assai semplice: è abbastanza evidente, nella maggior parte dei casi, che la fotografia – intrinsecamente realistica, per ragioni tecniche – debba essere più direttamente legata al reale, e che a partire da essa possano nascere delle parole. Siano pezzi critici, componimenti poetici, testi letterari in prosa o chissà che altro, le parole sono infatti dotate di una certa libertà: attraverso esse posso disegnare l’inesistente, il fantastico, l’interiore, mentre con la fotografia mi diventa sicuramente più difficile, almeno se restiamo nell’ambito dell’analogico. E diventa più facile immaginare un percorso creativo che dal visibile vada all’immaginario, che viceversa. Ma siamo proprio sicuri che sia sempre tutto così piattamente lineare?

Ecco, tutta questa tediosa e ovvia premessa serve proprio per dire questo: no, non ne siamo sicuri. La collaborazione tra Giorgio Falco e Sabrina Ragucci, al di là di valutazioni estetiche, mi ha impressionato proprio per questo: perché, con il lavoro The collared dove sound, è riuscita a spiazzare definitivamente questa mia convinzione, facendo emergere il sano dubbio che le cose possano essere anche più complesse.

Dovessimo guardare al puro dato cronologico, all’origine del progetto sembrerebbero infatti esservi i testi che lo scrittore Giorgio Falco ha raccolto in L’ubicazione del bene, edito da Einaudi nel 2009. Semplificando molto, si tratta di nove racconti che costituiscono una sorta di elegia della finta perfezione della provincia: i personaggi che vi agiscono sono le classiche figure di “vicini di casa” di una qualsiasi piccola cittadina, quelli che dietro una vita apparentemente perfetta nascondono piccoli e trascurabili tarli. Ma il protagonista principale risulta sicuramente essere Cortesforza, il paese in cui tutte queste storie sono ambientate: il nome, che rievoca poetiche nostalgie rinascimentali, assomiglia in realtà molto alle denominazioni fintamente auliche che gli immobiliaristi milanesi danno a quei nuovi complessi di villette mascherati da antiche cascine, costruiti nelle campagne attorno a Milano per dare l’illusione a chi ci vive di essere immersi in una sana vita di campagna, sì, ma chic. Un’ambientazione che non trova diretto riscontro nel reale, quindi, ma che ci ricorda molto uno di quei paesi a Sud di Milano che si dividono tra edilizia da geometra, ruderi di cascine, orti residui e parchi urbani, dove capita talvolta di viverci o di imbattersi durante la gita in bicicletta della domenica.
Sempre guardando al puro dato cronologico le fotografie di Sabrina Ragucci pubblicate per la prima volta nel 2012, nel libro-opera The collared dove sound, giungerebbero quindi in un secondo tempo a regalare uno sfondo reale ai personaggi dei racconti di Giorgio Falco. Come se questi si fossero aggirati per tre anni per le campagne attorno a Milano, in fila indiana, fino a trovare nelle fotografie la loro collocazione ideale e accendere finalmente il loro felice mutuo trentennale.

In realtà le cose sono ben più complesse: fotografa e scrittore hanno infatti lavorato insieme a tale progetto a partire dal 2004, attraverso approfonditi sopralluoghi a quei luoghi della provincia milanese che, a Cortesforza, assomigliano tanto. Ciascuno con i mezzi propri, hanno preso appunti, hanno mischiato reale e immaginario, e si sono immedesimati pienamente in essi. Un’immedesimazione tale che, in molte delle fotografie del libro, è presente direttamente la figura dello stesso Giorgio Falco che, come un metronomo, scandisce il trascorrere del tempo.
Tale esplorazione passo a passo è stata guidata dal volo e dal verso dell’animale che dà il titolo al progetto, la tortora dal collare. Diffusa originariamente in Asia e in Africa settentrionale, questa specie è arrivata in Italia a partire dagli anni Settanta e si è diffusa soprattutto in quei luoghi di transizione tra centro urbano e campagna dove le ultime sfilacciature di città lasciano sempre maggiore spazio al verde.

Fotografia e racconto sono quindi speculari, entrambi fondati su un rapporto critico con l’ambiente reale. Così come i racconti di Giorgio Falco, le fotografie di Sabrina Ragucci – caratterizzate da una sorta di congelata perfezione compositiva – ci rendono perfettamente l’atmosfera di quei luoghi dove regna uno strano e instabile equilibrio tra l’idillio rurale e la nostra frenetica vita di lavoratori motorizzati. Entrambe, parola e immagine, possiedono una sorta di poetico reale in grado di valorizzare i luoghi che tanto ci sono famigliari. Quegli stessi luoghi dove la buona impressione sui vicini regna sovrana, e dove durante il giorno domina il più perfetto silenzio, a eccezione di un unico suono che chissà quante volte ci è capitato di sentire: il tù-tùùùù-tù della cara tortora di provincia.

Lara Piffari

 

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Per le immagini © Sabrina Ragucci

1 commento »

  1. Grazie di aver scritto queste PARLOLE e fatto vedere queste FOTOGRAFIE

    Comment di Stefano il 17 May 2014 alle 11:23

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